Mattie muratori...
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Lou matirel è la parlata, nous semes li matirà. Io sono nato a Menolzio, ma siamo solo più pochi che parliamo patois, qua fino al ’75/’80 trovavi l'ottanta per cento delle persone che parlava, ma ora saremo in trenta che parlano ancora. Da Mattie ci capiamo con Meana, Gravere, U Vilé (Villarfocchiardo), ma anche lì ormai non c'è più nessuno che parla. Poi dopo Gravere parlano occitano, e da Chiomonte non si capisce più nulla. Ma comunque tieni a mente: Mattie muratori, Meana truffatori, Gravere per altezza, Chiomonte per bellezza.
Io sono nato negli anni Cinquanta, mio padre però era del Tre, i miei nonni tutti dell’Ottocento. La mia era una famiglia che fino alla crisi del Venti è stata ricca: mio nonno era commerciante di legna, mio padre boscaiolo, facevano il carbone da vendere ai signori che poi lo usavano per cucinare.
Io invece sono muratore, ho imparato il mestiere qua a Mattie da Barba Secundo che era del Sette, io avevo dodici anni, i suoi figli erano tutti boscaioli in Francia. Da Mattie i boscaioli partivano a piedi e andavano giù sotto a Briançon, poi da lì salivano da Saint Jean, poi Grenoble, Chambery, sulle montagne, dove c'era legna da tagliare.
Mio zio, il fratello di mio padre, era un pastore evangelico, è andato a Milwaukee a fare una chiesa. Erano tutti di Menolzio. Lui poi si è spostato con una genovese. Oggi sono in contatto con la pronipote.
Mia zia, la sorella di mia nonna, era andata a Marsiglia da serventa. Le donne là facevano o la sarventa o raccoglievano la frutta: andavano in là per maggio-giugno, e tornavano qua per la raccolta delle castagne. Là vivevano in famiglia, ospitati e mantenuti, ma andavano a dormire nel solaio in diversi nella stessa stanza... Comunque a Marsiglia era pieno di matirelli, che si erano anche fermati là. I cognomi sono quelli... a Sant'Henry per esempio ci sono tutti cognomi di qua. Poi anche a Saint-Étienne, Aix-en-Provence... e a Chambery tanto.
Un fratello di una nonna è andato in America, e là poi ha lavorato in fabbrica.
Un altro zio, fratello di mio nonno, andava tutti gli anni in Francia, poi dopo è tornato qua e si è sistemato. Te l'ho detto, gli uomini di Mattie lì facevano o i boscaioli o i mezzadri.
Qua rimaneva chi stava bene, tipo mio nonno. Aveva le terre, le bestie, una volta all'anno scendeva alla fiera di S. Caterina a Rivoli e stava bene.
Quelli che tornavano dalla Francia raccontavano solo storie belle, le brutte no, e sicuramente ce n'erano di cose brutte! Ma nelle vijà, le cuentas erano tutte allegre! Nelle stalle le ragazze con le donne filavano, i vecchi raccontavano e i bambini ascoltavano; i ragazzi come me stavano fuori, a chanté Martina. Quando si chanta Martina significa che si invitano le ragazze a uscire... eh, qua un tempo era tutto uno spatuss [una gran festa]!
Poi con la crisi chi aveva qualcosa l'ha perso, allora si andava ancora di più in Francia, e non ne parliamo poi della guerra e del Quarantaquattro: del ’44 hanno bruciato Menolzio, come rivalsa contro dei partigiani che erano lì che distillavano la grappa. I fascisti sono arrivati e i partigiani hanno sparato. Uno dei partigiani ha ucciso un ufficiale tedesco... quindi poi per rivalsa hanno portato la popolazione di Menolzio in un campo, li hanno messi in cerchio, e lì in mezzo c'era anche la mia mamma con i miei due fratellini piccoli in braccio. Dovevano ammazzarli. Poi è arrivato un contrordine da Susa e non li hanno ammazzati... ma le nostre tre case erano andate a fuoco.
Comunque, noi siamo stati bene... avevamo quattro mucche, d’inverno anche una in più! Per l'inverno mia madre partiva a piedi e in 7-8 ore era al Moncenisio. Scendeva di là e prendeva una mucca gravida dagli allevatori francesi. Al ritorno faceva una pausa per la notte alla Ferrera, perché in un giorno non riusciva anche a tornare. La mucca la tenevamo con noi fino in primavera, circa a febbraio nasceva il vitello, lo tenevi due mesi e poi vendevi il vitello e ti compravi le scarpe. Con un po' di latte avanzato facevi due formaggi, e così si stava bene.
Poi tornavi con la mucca di là, a Termignon, o Lanslebourg, o Lanslevillard, e la restituivi. Erano una ventina di famiglie che facevano così... era conveniente per tutti: gli allevatori francesi così non dovevano dare da mangiare alla bestia per tutto l'inverno.
I dì darera in Francia erano tutti italiani... o sposati con un'italiana. Quando ci si trovava ci si capiva sempre, con l'italiano, o con il piemontese.
Io ho lavorato ancora tanto in Francia, in Val d'Arc, Bessan, Bonneval... con i vecchi io parlavo patois e ci capivamo, ma quando poi abitavo in Val d'Aosta ho imparato il valdostano. Con il francese lo leggo ma non so scrivere. Comunque cominciavo là a fine aprile, a ottobre doveva essere finito il tetto. Pagavano bene. Partivamo al lunedì alle 6 con una macchina in quattro, ci fermavamo da Cesco, la prima osteria che trovi andando su al Colle, dopo la dogana, e facevamo colazione. È appena sopra la Gran Scala, ogni anno andiamo ancora a mangiare. Era Cesco che comprava anche i formaggi in Francia, e poi li portava su e noi compravamo da lui.
Cesco era di Novalesa, ma andava a lavorare al Moncenisio e faceva il tramite con i francesi per i formaggi.
Alla dogana c'era sempre il signor P., il doganiere, che lo sapeva che avevamo la macchina piena di pintoni di vino, ma lasciava andare, Ah tu fais le cascout?! [la colazione], e via passare, mentre al mio amico invece faceva la perquisizione. A me non diceva niente. L'ultima volta che l'ho trovato eravamo a mangiare a Bessan io e due amici, poi scendendo giù dopo cena arriviamo a Lanslebourg, andiamo a bere ancora una volta, e troviamo P.! E giù di cognac, e ci parlava piemontese, e ci offirva da bere. Gli dicevamo: “P., sono le 11, ci chiudono il tunnel!” E lui “Ma li chiamo io quelli del tunnel, gli telefono!”.
Insomma, non ce la passavamo male in Francia, c'era lavoro, si lavorava.
Io in Francia la prima volta sono andato con il figlio di Secundo, che era del ’29. Là c'erano anche i biellesi, che facevano le volte anche a 5/6 spicchi con il pilastro in mezzo... erano dei muratori eccezionali, ma dei gran gran bastardi! Se ti fermavi a guardarli lavorare ti tiravano le pietre!
Comunque no, non ce la passavamo affatto male... una volta si cantava sempre, o in francese o in piemontese. Sempre cantavamo.
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