Tra un toumin dal Meel, un piatto di raviòles e una camminata fin sotto a Rocca Senghi (una delle tante prove della superiorità – anche in quanto a gusto estetico – di Dio sul diavolo), in Val Varaita si chiacchiera con persone che hanno diverse cose da raccontare sulla loro terra. Oggi gli abitanti che non fanno ritorno alla pianura in inverno ormai sono pochi, ma le caratteristiche colonne portanti delle case, le tante meridiane, i merletti al tombolo e la cura del paesaggio mostrano una civiltà ancora fino a poco tempo fa viva e solida.

Tra i ricordi di famiglia, le foto e gli aneddoti si fa strada una narrazione che unisce, a prescindere dal diverso paese della Valle e dalle vicende personali: l’andi e rivieni della gente, continuo e ciclico, pesante ma accettato, un charountar inarrestabile e irresistibile che sembra essere parte fondante di queste civiltà alpina. Donne che fuggivano da un matrimonio infelice, uomini che a ogni fine di stagione agricola partivano, bambini che dovevano lasciare presto la famiglia per non pesare sul bilancio domestico... e poi ancora il contrabbando in periodi di privazione, la monticazione, i mestieri ambulanti tradizionali, i mercati francesi con le bestie migliori. Non c'è un motivo per spostarsi, ce ne sono decine. E il racconto è ormai epopea condivisa, attraverso il quale ricordare e riconoscersi.